Uppo la discussione perché ho trovato questo articolo davvero interessante. Illustra le alternative, quando possibili, alla sperimentazione animale.
La fonte è questa:
http://www.noncipossocredere.com/2012/0 ... e-animale/
“Basta sacrificare animali, sì ai metodi alternativi”. Questa la radicale posizione delle associazioni antivivisezioniste. A cui replicano gli scienziati: “I cosiddetti metodi alternativi sono in realtà complementari, ma la sperimentazione animale è ancora necessaria”. In questi ultimi tempi la controversia è accesa, anche perché nei prossimi mesi il Senato italiano potrebbe approvare emendamenti alla Direttiva europea, già passati alla Camera, che renderebbero particolarmente restrittivo il ricorso alle cavie. Ma quali sono, in definitiva, queste metodologie alternative di cui si dibatte? Quali applicazioni hanno? Possono davvero sostituire i test in vivo?
“ Esistono centinaia di metodi ispirati ai principi delle 3R, per sostituire, ridurre e migliorare l’utilizzo degli animali in laboratorio, che non necessariamente ne escludono l’impiego, ma cercano di limitarlo al massimo e tutelare il più possibile il loro benessere”, spiega Isabella De Angelis, ricercatrice del reparto Meccanismi di tossicità presso l’Istituto superiore di sanità.
I metodi alternativi, a cui la Lav ha dedicato un dettagliato dossier, si dividono in due grandi categorie: metodi in vitro, cioè colture di cellule o tessuti, e metodi in silico, basati su software informatici. A regolamentare i primi ci pensa l' Ecvam, il Centro europeo per la validazione dei metodi alternativi che ha sede in Italia, a Ispra (Varese). “ Perché una tecnica sperimentale sia approvata dev’essere riproducibile, cioè dare gli stessi risultati in laboratori diversi, e predittiva, cioè capace di prevedere quale sarebbe l’effetto sull’essere umano, sull’animale o sull’ambiente”, prosegue De Angelis. “ Ma dallo sviluppo all’approvazione occorrono circa dieci anni”, un iter piuttosto lungo che non ha giocato a favore. Per le simulazioni computerizzate, invece, non è previsto un vero e proprio processo formale di validazione, quanto piuttosto la verifica del loro funzionamento.
I metodi che hanno ricevuto il bollino verde dell’Ecvam riguardano principalmente test di tossicità. “ Per esempio, per verificare che un composto non provochi irritazioni o corrosioni cutanee si usano modelli in 3D della pelle ottenuti in vitro”, dice l’esperta: “ Per escludere che un composto causi mutazioni genetiche si fa il test del micronucleo sui linfociti, o il test di Ames su coltivazioni batteriche. Per studiare la potenza dei vaccini non si ricorre più ai conigli, come si faceva in passato, ma si usa il test Elisa”. Sono poi disponibili analisi chimico-fisiche per verificare la contaminazione batterica di farmaci o effettuare controlli igienici e sanitari sugli alimenti.
L’altra potente arma per limitare la sperimentazione animale viene dalla bioinformatica. “ I software chiamati Qsar (relazioni quantitative struttura-attività) sono in grado di predire gli effetti di una sostanza semplicemente dalla sua struttura chimica, confrontandola con composti strutturalmente simili di cui sono già noti gli effetti”, spiega Emilio Benfenati, a capo del laboratorio di chimica e tossicologia dell’ambiente dell’Istituto Mario Negri. Questi test virtuali, o in silico, come vengono chiamati, consentono di elaborare una mole di dati in pochissimo tempo e fornire indicazioni sulle proprietà desiderate o indesiderate dei composti, come reazioni allergiche, mutagenesi, cancerogenesi, tossicità per l’apparato riproduttivo, tossicità ambientale, biodegradabilità. “ Per l’industria farmaceutica significa un enorme risparmio di lavoro, tempo e denaro, da investire solo sulle molecole più promettenti”, dice Benfenati. “ Un grande incentivo ai metodi Qsar arriva dalla legislazione europea Reach, che mira a valutare la tossicità di decine di migliaia di sostanze chimiche”. Attualmente ci sono più di 250 software in fase di valutazione, di cui 70 gratuiti, e sono in corso progetti, come Orchestra, per diffondere questi metodi.
Oltre ai test in vitro e in silico, già da anni si usano tecnologie che rendono superflui gli animali. Basti pensare ai sofisticati manichini per i crash test di automobili. O alle tecniche di imaging cerebrale come Tac, Pet, risonanza magnetica, che evitano esperimenti sui primati. Approcci innovativi riguardano lo sviluppo di membrane artificiali, tessuti in 3D, chip a dna per gli studi di genomica e proteomica, le cellule staminali.
I più grandi limiti dei metodi alternativi? “ Per gli studi di tossicità cronica, causata cioè da esposizioni prolungate, analisi di tossicocinetica, sul metabolismo delle sostanze tossiche, e effetti cancerogeni servono necessariamente gli organismi viventi”, risponde De Angelis: “ I metodi alternativi non possono sostituire del tutto la sperimentazione animale”.